Dolomites lake in autumn

DOLOMITI UNESCO

Al vostro arrivo all’hotel Edelweiss, ne siamo certi,

il vostro sguardo punterà dritto dritto al Monte Civetta e…

poi Monte Pelmo: le nostre maestose cime non passano certo inosservate!

Noi valligiani e molti ospiti-amici che da anni frequentano la valle,

le portiamo nel cuore ed è stato con grande gioia

che abbiamo salutato il riconoscimento ottenuto a Siviglia il 26 giugno 2009,

data nella quale le Dolomiti sono divenute Patrimonio Naturale dell’Umanità e

sono state iscritte nella lista dei beni naturali dell’Unesco.

Di seguito Vi lasciamo alcune informazioni relative ai sistemi montuosi che compongono le Dolomiti: l’aspetto geografico, geologico e geomorfologico ed infine troverete alcune considerazioni sul significato che ha per noi vivere in un territorio “Dolomiti Unesco”.  

 

I nove sistemi montuosi che compongono le Dolomiti comprendono una serie di paesaggi  montani unici al mondo e di eccezionale bellezza naturale. Le loro cime, spettacolarmente verticali e pallide, presentano una varietà di forme scultoree straordinaria. Queste montagne possiedono inoltre un complesso di valori di importanza internazionale per le scienze della Terra. La quantità e la concentrazione di formazioni carbonatiche estremamente varie è straordinaria nel mondo, e contemporaneamente la geologia, esposta in modo superbo, fornisce uno spaccato della vita marina del periodo Triassico, all’indomani della più grande estinzione mai ricordata nella storia della vita sulla terra. I paesaggi sublimi, monumentali e carichi di colorazioni delle Dolomiti hanno da sempre attirato una moltitudine di viaggiatori e sono stati fonte di innumerevoli interpretazioni scientifiche ed artistiche.
“DICHIARAZIONE DI SIVIGLIA”
(Comitato per il Patrimonio Mondiale, Siviglia26.06.2009)

L’anima profonda delle Dolomiti, la spina dorsale di queste montagne, sta nelle rocce e negli eventi straordinari che le hanno plasmate, il nome stesso di queste vette testimonia un legame privilegiato con la geologia. Il termine “Dolomiti” deriva  infatti dal nome di un minerale, la dolomite, scoperto in questo territorio dallo scienziato francese Deodat de Dolomieu (1750 – 1801).
Dal punto di vista geologico, l’attuale scenario Dolomitico corrisponde all’esito di tre rilevanti processi, che hanno agito in momenti distinti: la litogenesi, l’orogenesi e la morfogenesi.
Il processo litogenetico è legato alla formazione delle rocce dolomitiche  e si è sviluppato tra i 280 e i 100 milioni di anni fa circa, quando l’Europa e L’Africa erano unite e l’area ove ora svettano le Dolomiti si trovava ai margini di un esteso golfo oceanico, chiamato Tetide, immerso in un clima tropicale. Sulle sponde e sul fondo di quest’oceano ora scomparso, si depositarono progressivamente gusci, scheletri di organismi, sabbie, lave e basalti, a costruire la potente successione di strati che ora forma l’ossatura di queste montagne incantate , definito “un enorme libro di pietra spesso oltre 3000 metri, aperto sotto il cielo dolomitico, che ha strati come pagine”.
Questo territorio è cambiato più volte nel Triassico, passando da aridi deserti a mari tropicali, punteggiati da atolli idilliaci, attreversando improvvise quanto catastrofiche eruzioni vulcaniche e trasformandosi in lagune bianche e fangose ove passeggiavano i primissimi dinosauri.
Il processo orogenetico, iniziato 110 milioni di anni fa ed ancora attivo, è responsabile della deformazione e del sollevamento dei sedimenti marini della Tetide, che hanno raggiunto i 3000 metri ed oltre di quota, in cui ora li ritroviamo.
Infine, pochi milioni di anni fa, con l’emersione degli strati rocciosi dal mare conseguente al sollevamento del processo orogenetico, entra in scena il processo morfogenetico che ha scolpito e modella tutt’ora le valli e le pareti di roccia, attraverso l’azione erosiva degli agenti atmosferici, del ghiaccio e della gravità.
Il Monte Coldai, il Monte Alto di Pelsa, le Pale di S.Martinoe di S.Lucano, l’Agnèr, la Marmolada…erano tutte isole tropicali che ora si elevano nella loro maestosa grandezza dai pascoli, come facevano un tempo dai fondali del caldo mare Triassico. Come per magia, le architetture originali di questi atolli sono giunte fino a noi perfettamente preservate offrendoci l’incredibile occasione di sperimentare fisicamente la vecchia geografia di quei mari e di quelle isole. Pochi milioni di anni dopo, questo paesaggio idilliaco venne radicalmente trasformato da un evento improvviso e catastrofico: nell’area dell’odierna Predazzo-Monzoni e di Cima Pape nacquero due vulcani che eruttarono enormi quantità di materiale inquinando le acque del mare tropicale e favorendo la morte degli organismi costruttori. Il magma penetrò nel cuore delle isole lungo estese fratture  generate da potenti terremoti mentre le colate laviche seppellirono buona parte delle isole sigillando e soffocando il vecchio pendio sottomarino. Ma gli organismi costruttori erano duri a morire, cosi, al termine del vulcanesimo ricominiciarono a costruire di buona lena, estendendo ed ampliando l’arcipelago sconvolto dalle eruzioni. Il lagazuoi, i Lastoi, i Cadini di Misurina, le Rocchette, il sett Sass e altri sono la testimonianza di questa nuova generazione di isole. Per altri 100 milioni di anni l’area Dolomitica continuò ad essere dominata da condizioni marine, fino al Cretacico, quando a causa della collisione tra Africa e Europa, si formarono le Alpi ed ebbe inizio il processo orogenetico: le magnifiche pieghe e placche inclinate della Civetta Moiazza, della Tofana, di Fanes, della Marmolada ecc. le numerosissime spaccature verticali, che tagliano i massicci calcarei favorendo la formazione di canaloni, ben documentano le enormi forze endogene che hanno sollevato le antiche rocce marine della Tetide  dalle profondità della terra fino a toccare il cielo! Con l’emersione, il gigantesco libro di pietra viene attaccato dagli agenti di degradazione meteorica, dall’acqua, dal gelo e dal ghiaccio, come implacabili e raffinatissimi scultori, fanno risorgere molteplici paesaggi nascosti entro le sue pagine stratiformi. Le rocce levigate e striate, gli argini punteggiati da laghi scintillanti raccontano che 20.000 anni or sono
queste vallate furono sommerse per l’ultima volta dal ghiaccio. Solo le vette più alte affioravano dalla coltre bianca ricreando la “versione fredda” dell’arcipelago che erano state 240 milioni di anni prima.
Alle condizioni climatiche attuali  sono collegate forme e fenomeni dovuti all’azione dei corsi d’acqua, al carsismo e all’azione combinata del gelo e disgelo, in particolare le frane  sono diffuse e ricorrenti in tutta l’area ed evidenziano più di altri fenomeni che il paesaggio dolomitico è in continua e rapida  evoluzione, invitandoci prepotentemente a migliorare i sistemi di monitoraggio e prevenzione ed in particolare a formulare piani di sviluppo socio-economici fondati sulla conoscenza profonda del territorio e delle leggi naturali che lo governano.

I nove gruppi che compongono questo straordinario “arcipelago fossile” interessano i territori di 5 province,  nella provincia di Belluno il 41% di aree cuore, il 31% a Bolzano, il 15% a Trento, l’11% a Pordenone ed il 3% a Udine: un’area di 142.000 nella quale si parlano 4 lingue differenti e ufficialmente riconosciute (italiano, tedesco, ladino e friulano). Le cinque province sono caratterizzate da un quadro istituzionale e amministrativo composito perchè diversificata è stata la loro storia nel contesto europeo.

I SISTEMI CHE COMPONGONO IL BENE:

1 – Pelmo-Croda da Lago       ha.   4343,570
2 – Marmolada         ha.   2207,530
3 – Pale di San Martino – San Lucano – Dolomiti Bellunesi  ha. 31665,700
4 – Dolomiti Friulane e d’Oltre Piave     ha. 21460,630
5 – Dolomiti Settentrionali       ha. 53585,968
6 – Puez Odle         ha.   7930,337
7 – Sciliar, Catinaccio, Latemar       ha.   9302,098
8 – Rio delle Foglie/ Bletterbach      ha.    271,600
9 – Dolomiti di Brenta.        ha 11135,442

i sistemi o parte di essi che ricadono nella nostra provincia  di Belluno sono evidenziati in grassetto.

Vivere qui, a Zoldo, in un territorio  Dolomiti Unesco significa per noi opportunità e privilegio, ma anche responsabilità e impegno: gli abitanti di un  territorio iscritto a Patrimonio dell’Umanità ne sono i custodi naturali, tocca a noi e ancor più alle nuove generazioni comprendere come la valorizzazione e la tutela del paesaggio ( inteso in senso lato dalle vette ai fondovalle, dalle rocce agli alberi, alle persone che lo abitano) sia il vero plus-valore su cui puntare per un sano sviluppo socio-economico.  Quello che dobbiamo perseguire  è un turismo sostenibile, in cui l’uomo e l’ambiente possano godere l’uno dell’altro. E’ un cammino che possiamo e vogliamo fare insieme a voi! 

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